“Speriamo che piova così l’aria si ripulisce un po’”.

Quante volte abbiamo sentito dire ai nostri nonni che la pioggia poteva essere una soluzione efficace ai problemi di smog? E avevano ragione. L’acqua è in grado di trattenere buona parte del particolato libero nell’aria purificandola da elementi nocivi.

Una parte rilevante del PM10 presente in atmosfera deriva dalla trasformazione in particelle liquide o solide di alcuni gas (composti dell’azoto e dello zolfo) emessi da attività umane. Difatti, la presenza nell’aria di zolfo – sottoprodotto dei processi di combustione energetica del gasolio – è una delle principali cause dell’innalzamento dei livelli di particolato.

Nella prima decade del millennio le politiche ambientali europee hanno quindi fatto sì che si iniziasse a lavorare sui combustibili per autotrazione (il comune gasolio per auto) proprio nell’interesse della salute collettiva attraverso una drastica riduzione del tenore di zolfo e, quindi, dei suoi ossidi (SOx) derivanti dalla combustione (Direttiva 2009/30/CE).

Ma mentre si lavorava per ridurre le emissioni sulla terraferma, le enormi quantità di gasolio per navi (il cosiddetto “bunker”) non venivano prese seriamente in considerazione dalle politiche ambientali. Questo fino al 2016, quando ci si è dovuti confrontare con una realtà paradossale che ha fatto iniziare una gigantesca corsa ai ripari, interessando solo gli addetti ai lavori e, marginalmente, l’opinione pubblica:

“Le sole navi da crociera che circolano nelle acque europee stanno inquinando 20 volte di più dell’intero parco auto circolante sulle strade dell’Unione Europea”.

(Fonte: Transport & Environment – T&E -, giugno 2019, in riferimento all’emissione in atmosfera di ossidi di zolfo).

Secondo lo studio, le navi passeggeri che hanno transitato nei mari europei avrebbero immesso oltre 155 mila tonnellate di NO(ossidi di azoto), 62 mila tonnellate di SOx, 10 tonnellate di CO₂, e 10 mila tonnellate di polveri sottili. Per intenderci, mettendo insieme la produzione di CO₂ di Cipro, Lettonia e Lussemburgo non si arriverebbe a eguagliare il danno ambientale delle grandi navi passeggeri circolanti. Peggio dell’anidride carbonica, solo gli ossidi di zolfo (SOx) il cui livello sarebbe addirittura pari a quello di 5 miliardi e mezzo di autovetture circolanti.

Senza contare che buona parte delle emissioni delle grandi navi non avviene in mare aperto, ma a ridosso delle città portuali, dove le imbarcazioni sostano a motori accesi per giorni, garantendo ai passeggeri i normali servizi di bordo.

Si è quindi riscontrato che gran parte delle emissioni delle navi da crociera avviene nei porti, a ridosso di grandi centri abitati, dove le imbarcazioni restano ancorate per giorni con i motori accessi, necessari a far funzionare i servizi di bordo per i passeggeri. Dati alla mano, la T&E si è spinta oltre i meri sensazionalismi e ha addirittura stilato una classifica molto dettagliata dove sono ben 10 le città italiane tra le portuali europee più inquinate: Venezia, la prima italiana, è al terzo posto assoluto dopo Barcellona e Palma di Maiorca. Subito dopo Venezia, Civitavecchia, sia nella classifica generale che in quella nazionale, con una produzione di ossidi sulfurei 50 volte superiore a quella prodotta da tutti i veicoli circolanti in città. Seguono Napoli (12esima), Genova (13esima), La Spezia (18esima), Savona (20esima), Cagliari (30esima), Palermo (35esima), Messina (36esima) e Bari (50esima e ultima tra le europee).

Su queste basi, nell’ottobre del 2016, la Commissione dell’International Maritime Organization (IMO), ha provveduto a stabilire un tenore massimo di zolfo per il gasolio navale che dovrà passare dal 3,5% allo 0,5% entro il primo gennaio 2020 (IMO 2020). A fronte degli esorbitanti costi di modifiche strutturali sugli impianti di combustione, i legislatori nordamericani ed europei hanno consentito di poter installare degli apparati a bordo atti a ridurre le emissioni nocive dei gas di scarico e che consentano di ottenere lo stesso impatto ambientale che si avrebbe utilizzando un combustibile con lo 0,1% di zolfo (e non lo 0,5%).

Ed è proprio qui che entrano in gioco i nostri nonni!

Nell’attesa di veder uscire dai cantieri navali nuove flotte ecofriendly (probabilmente a GNL – Gas Naturale Liquido) che sostituiranno le attuali circolanti, la maggior parte degli armatori sta dotando gli scarichi delle proprie navi con mastodontiche torri di lavaggio (marine scrubber) che fanno esattamente ciò che faceva la pioggia nella saggezza popolare dei nostri nonni. All’interno degli scrubber, i fumi di scarico vengono lavati con acqua marina diffusa ad altissima pressione attraverso un sistema di tubi e ugelli, rimessa in circolo e destinata a ulteriore filtraggio prima di diventare reflua.

Sezione navale che mostra la collocazione di uno scrubber

Un meccanismo al servizio della salute di tutti che sembrerebbe piuttosto semplice, ma non lo è affatto. La costruzione di ogni scrubber richiede altissimi livelli di competenza sia nella lavorazione delle particolari leghe ultraresistenti all’usura dell’acqua marina, che nell’assemblaggio, dove una minima imperfezione potrebbe compromettere la tenuta nei test di collaudo.

Scrubber pronto per la consegna presso i nostri stabilimenti

La Delta Impianti Industriali Srl è ormai una realtà consolidata nella produzione e assemblaggio dei marine scrubber ed è ogni giorno più orgogliosa di poter mettere la propria esperienza costruttiva al servizio della grande rivoluzione ambientale che sta già avvenendo nel segno di IMO 2020.

Anche nella salvaguardia dell’ambiente, vale sempre LA FORZA DI UNA FAMIGLIA.

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